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14 giugno 2007 - 09:00
La Repubblica dei telefonini

 

L'ennesimo scandalo-intercettazioni scatena le proteste della classe politica. Amato parla "follia tutta italiana" e Di Pietro invece avverte: niente bavaglio all'informazione. Chi ha ragione?

 

 
di Lorenza Provenzano

Povero D'Alema. Uno spende la vita a costruirsi un'esistenza in doppiopetto, occhialini e baffetti professorali e poi tutto viene spazzato via in un attimo da un'espressione fuori luogo, un «facci sognare» da stadio che rimarrà agli annali della carriera politica dell'ex Normalista, insieme con i tic catturati da Striscia la notizia. Altro che il «bye bye Condi» alla Rice. La frase incriminata «non è nel suo lessico, è da commedia all'italiana - dice al Corriere della Sera Fabrizio Rondolino, scrittore, per anni portavoce di D'Alema - (...) magari era ironico o soddisfatto o sbrigativo: dov'è il problema?». Già: dov'è il problema?

Dice bene, comunque, Rondolino: trattasi della solita commedia - o «follia», come la definisce il ministro dell'Interno Amato - «tutta italiana». Insomma, nella Repubblica dei telefonini, dove il coltello dalla parte del manico ce l'ha chi detiene il maggior potere ricattatorio (come sostiene disonesti.com), il pasticciaccio delle intercettazioni, che già un paio d'anni fa aveva travolto nello scandalo i "furbetti del quartierino", scatena una prevedibile ondata di proteste politiche. Questa volta c'è il governo il ballo. Di più: tutta la classe politica trema. A destra e a sinistra, si chiede compatti l'approvazione di una nuova legge che impedisca la pubblicazione delle intercettazioni che non risultino utili ai fini dell'indagine per la quale sono state raccolte.




Fuori dal coro, Antonio Di Pietro alza la paletta e chiede: «Niente pasticci». I magistrati dal canto loro sostengono di aver fatto di tutto e di più per adottare «cautele mai viste». Sui giornali, schizzi a raggiera di fango, ottimo e abbondante per tutti: le procure definite «groviera», i giornalisti messi all'indice perché contribuiscono ad attentare alle istituzioni, come si ama dire in questi casi, i politici che cavalcano l'onda e difendono la libertà d'informazione: un «si salvi chi può» che in realtà non risparmia quasi nessuno. Quanto e cosa ci sia di penalmente rilevante, in questi tabulati pressoché incomprensibili, ancora non è chiaro.

Quanto alle «stupidaggini fatte dai Ds ai tempi della scalata Unipol» (Rutelli dixit), al solito è colpa dei giornalisti pubblicarne i resoconti carpiti all'insaputa dei protagonisti: «qui si rischia il tutti a casa», avverte il leader della Margherita. E ancora non hanno capito: è il lavoro che non c'è e che, se c'è, è eternamente precario, è l'impoverimento generale della gente, la mancanza di prospettive per i giovani, la scuola destituita di autorevolezza e sì, anche la politica collusa coi poteri finanziari, è questo il problema e non l'ultimo degli scandali, che sporca un po' la giacchetta di chi s'era fatto la fama della persona seria e integerrima. E sia, tanto poi si dimentica tutto, tra un po'. «All'italiana», appunto.